Accompagnati da una giornata solare e circondati dai colori autunnali, 50 escursionisti, domenica 7 novembre 2021, hanno visitato i “tesori” naturalistici/archeologici del lago di Loppio, con puntata all’isola di S.Andrea.
Il pomeriggio, in Val di Gresta si e’ raggiunto il caposaldo austro-ungarico del Nagia’-Grom, linea austriaca a baluardo delle vallate di Gresta, Mori,
Loppio, Valagarina. Percorse le trincee e i camminamenti, immersi in un’atmosfera autunnale su panorami luminosi.

Guida Valerio Sartori

ESCURSIONE AL LAGO DI LOPPIO, drone
Immagini di Franco Lanfredi
ESCURSIONE AL LAGO DI LOPPIO
Foto di Fiorenza Zorzi

DOCUMENTI FILMATI DURANTE L’ESCURSIONE AL LAGO DI LOPPIO DIVISI IN CAPITOLI

CAPITOLO 1

La guida Valerio Sartori inizia a dare informazioni sull’escursione ,che partendo dall’abitato di Loppio conduce attraverso una ciclo-pedonale al lago di Loppio e alla sua isoletta dedicata a S. Andrea. Loppio era una località di proprietà dei Conti Castelbarco, imparentati con il ramo Castelbarco, feudatari del castello di Sabbionara d’Avio e conosciuti anche da Dante Alighieri durante il suo esilio veronese.

Il toponimo loppio che da’ il nome all’abitato e al lago deriva da “opi”, dialettale di acero campestre; quindi lago dell’acero campestre. La chiesa di Loppio dedicata al Nome di Maria, assieme alla villa che si trova alle sue spalle è stata coinvolta nel Primo Conflitto Mondiale: parte della villa fu bombardata e distrutta dal fuoco italiano e austriaco, in momenti diversi e il campanile che si vede ancor oggi, è stato interessato da raffiche di mitragliatrice delle artiglierie.
La villa fu in parte ricostruita alla fine della Prima Guerra Mondiale. Particolare interessante: nel marzo 1916 durante l’attività bellica, che aveva permesso agli italiani di conquistare per alcuni mesi l’isola di S. Andrea, si è avuta la presenza di un personaggio a tutti noto, l’irredentista trentino Cesare Battisti.
Egli riuscì, in quel frangente, a salvare parte della biblioteca e dei documenti, presenti nella villa bombardata dei Castelbarco; fu decorato per questa sua iniziativa meritoria in ambito culturale.
Nel territorio di Loppio, nel 1987 occasionalmente, viene alla luce una sepoltura del IV secolo d.C. con un soggetto adulto, inumato con corredo funerario contenente alcuni vasetti di essenze profumate, denominati balsamari, usati per onorare il defunto. La modalità della sepoltura è risultata singolare in quanto di solito questo tipo di inumazione si verificava al tempo dell’imperatore Nerone, e non a distanza di due secoli. Quindi questa testimonianza sottolinea la presenza romana nel territorio,seguita Dai Goti, Ostrogoti ed infine Longobardi, avvalorata anche dal sito archeologico presente sull’isola di S. Andrea.
In riferimento al lago di Loppio la sua genesi si può indicativamente far risalire a circa 40.000 anni fa. Esisteva all’inizio una conca naturale, all’interno della quale, a seguito di una frana avvenuta a nord e al deposito di materiale litico creatosi a sud a causa del torrente Rio Gresta, si è originato il lago che lo si può definire artificiale.
Nel 1939 si decide di creare una galleria di comunicazione tra il fiume Adige e il lago di Garda, allo scopo di alleggerire in caso di nubifragio il fiume, evitando che Verona possa venire esondata.
Dal 1939 al 1940, in due anni s’inizia a prosciugare il lago; di seguito a causa dell’inizio del Secondo Conflitto mondiale o per cause di natura economica, il progetto venne sospeso e ripreso solo nel 1954, per prolungarsi fino al 1959, anno in cui verrà inaugurata la nuova galleria.
Da allora ad oggi la galleria è stata aperta almeno 4 volte. Allo stato attuale si è ipotizzata l’idea di ripristinare il lago come un tempo.
Negli ultimi 15 anni a seguito del prosciugamento traumatico si è assistito ad un’accelerazione della formazione di una palude che si sarebbe creata naturalmente. Ciò lo si può verificare soprattutto nei periodi autunno-invernali a seguito di precipitazioni atmosferiche che creano piccole superfici d’acqua in modo particolare nella parte sud del lago.
La palude del lago di Loppio rappresenta oggi il più importante biotopo del Trentino.
Quando si dice biotopo si pensa ad un piccolo ecosistema naturale che può essere una palude, una torbiera, o un altipiano all’interno del quale convive in simbiosi una medesima specie o più specie diverse tra loro, ma accomunate da un medesimo territorio; nello specifico elementi naturali di flora e fauna amanti dei luoghi umidi.
Durante la passeggiata s’incontrano alberi come i salici immersi nell’acqua, pioppi, frassini ornielli ed excelsior e tutta una serie di arbusti e canneti, compatibili con microclimi umidi. L’attuale superficie lacustre ospita numerose specie di uccelli tra cui vari tipi di anatre e aironi sia di passaggio che stanziali.
La parte rocciosa coperta da boschi di carpini e frassini ospitano volpi, scoiattoli, tassi e altre specie compatibili con zone calcareo-carsiche.
Alcuni dati sul lago di Loppio danno la sua lunghezza di km1,8, la larghezza di 0,48 km, la profondità massima era di 4 m, con una superficie di 112 ettari.
L’isola di S. Andrea occupa una superficie di 6.400 mq.
Ora ci si muove lungo la ciclo pedonale per raggiungere il lago e l’isola di S. Andrea, dove si visita il sito archeologico e la guida darà informazioni e notizie di carattere storico/archeologico.

CAPITOLO 2

Ci si muove lungo la ciclo- pedonale che costeggia il lago lungo la riva occidentale. La guida mostra la presenza sotto la strada asfaltata, del tunnel di controllo della galleria che porta al lago di Garda. La galleria che sbuca all’altezza dell’abitato di Torbole, dal 1959 ad oggi è stata aperta solo 4 volte. Oggi ci si interroga sull’utilità o meno di quest’opera. L’apertura della galleria ha comportato un danno notevole all’ecosistema del lago di Garda, il quale ogni 10 anni è soggetto a un’inversione delle sue acque: quelle profonde salgono in alto e quelle superficiali finiscono, in basso creando un equilibrio. L’acqua scaricata dalla galleria proveniente dall’Adige, essendo più fredda, uccide una notevole quantità di pesce e va a deteriorare il sottile equilibrio delle alghe presenti sui fondali.
Vi sono alcuni politici che pensano di ripristinare il lago come era all’origine e si sta facendo una riflessione sul reale utilizzo della galleria stessa. Infatti le tecnologie oggi applicabili possono fornire dati utili a prevenire le esondazioni.
Si chiede alla guida la provenienza dello specchio lacustre oggi presente. L’acqua è sostanzialmente di origine meteorica e dovuta al ripristino di qualche piccola sorgente. Infatti al momento della costruzione della galleria si è provveduto a dirottare le falde freatiche presenti a nord e a sud del lago, in modo che non fosse più alimentato. Anche prima dell’intervento umano la profondità del lago era di circa 4 metri: a riguardo a conferma di questo esistono delle foto della prima guerra Mondiale dove si vede un barcone nei pressi dell’isola di S. Andrea ( ribattezzata dai soldati italiani con intento poetico, isola Clotilde) con un sacerdote a bordo che celebra la S. Messa.
A questo riguardo anche i Veneziani nel 1439, ebbero difficoltà a muovere le loro galee dal lago verso Passo S. Giovanni proprio a causa della poca profondità del lago.
Trattando dell’aspetto naturalistico del lago e delle sue rive ci si trova in presenza di una flora variegata, con presenza di specie tipiche della macchia mediterranea, affiancate nella zona paludosa da elementi vegetali igrofili, cioè amanti dell’umido.
Si osservano alberi come la robinia (robinia pseudoacacia), l’erba artemisia dalle molteplici proprietà aromatiche e toniche, il pioppo(populus nigra),l’acero campestre oppio( acer campestre) che da’ giustamente il suo nome al lago. Di seguito durante la stagione estiva fioriscono alcuni tipi di aglio, e piante rampicanti tra le quali si distingue il luppolo, che qui cresce spontaneo.
Il manto vegetativo coniuga la flora caratteristica del monte Baldo con il bosco orno-ostrieto (carpino-frassino) con elementi tipici della palude: canneti, salici.

CAPITOLO 3

Si giunge all’entrata dell’isola di S. Andrea. Non è dato sapere da quanto tempo il lago e l’isola erano nominati di S. Andrea. In epoche successive il lago diventa di Loppio.

Sull’isola dal 1998 al 2013 si sono susseguiti una serie di scavi archeologici. Le rilevanze storico-archeologiche scoperte si possono classificare in 3 settori: un settore A definito romano- barbarico, un settore B situato sulla sommità dell’isola, occupato dai resti di una chiesetta romanica andata perduta intitolata all’apostolo Andrea.

Infine un settore C che occupa la parte sud dell’isolotto, in parte riutilizzato dai soldati italiani costituito da un Battaglione di alpini, di cui faceva parte anche Cesare Battisti, durante il Primo Conflitto Mondiale. Gli occupanti hanno innalzato delle strutture in legno e cemento e facendo uso di un pozzo, ancora visibile ai nostri giorni. Salendo ora, dapprima s’incontrano i resti di un edificio abitato da Goti, Ostrogoti e Longobardi, un castrum, cioè un castello che ha evidenziato alcuni reperti interessanti, in modo particolare una sepoltura con caratteristiche interessanti.

CAPITOLO 4

La ricerca archeologica inizia nel 1998 da parte della Sovrintendenza , a seguito di alcuni scavi abusivi da parte di privati, risalenti agli anni ’60 del secolo scorso. I lavori si sono protratti negli anni anche in collaborazione con il Museo della Guerra di Rovereto.
Le rovine che oggi si scorgono sono ciò che resta del castrum, il castello risalente al V secolo d.C.; quindi si è in pieno Evo Antico, al tempo delle varie invasioni barbariche succedutesi dopo la fine dell’Impero Romano d’Occidente. Queste popolazioni all’inizio rudi, avvicinatesi alla civiltà romana, hanno prodotto anche dei re illuminati e con un certo spessore culturale: si pensi ad esempio a re Teodorico.

All’interno del castrum sono state rinvenute alcune borchie metalliche piramidali che fanno pensare alla presenza di soldati, quindi a un luogo di difesa e controllo del territorio. Alcuni reperti poi sottolineano l’attività quotidiana degli abitanti e delle loro famiglie: uno spillone in bronzo, una fibula per chiudere e fissare vestiti o mantelli facente parte di quella categoria denominata “aucissa” (IV-VII secolo d.C.) Si presume quindi la presenza accanto alla componente militare di nuclei familiari al seguito dei soldati. Una nascente ”globalizzazione” ci viene sottolineata dal ritrovamento di lucerne di origine e fabbricazione tunisina ,denominate “lucerne africane”, presenti sui mercati dal II al V sec. d.C. di popolazioni locali come i Reti. Altri reperti interessanti sono senz’altro il ritrovamento di due monete romane: la prima denominata moneta romana antoniniano, battuta per lo piu’ tra il 200 e il 250 d.C., in argento con un valore corrispettivo di due denari. Il fatto di trovarla a distanza di alcuni secoli fa pensare al suo utilizzo in quanto metallo prezioso.
L’altra moneta che ci conferma la presenza dei Goti e degli Ostrogoti in questo sito, è in bronzo ed è1/3 di siliqua, con su un lato l’effigie dell’imperatore bizantino Giustiniano(460 d.C.) . Questa moneta viene fatta coniare a Ravenna, da un re ostrogoto di nome Vitige, che fa riportare sull’altro lato della siliqua il monogramma di re Teodorico.
All’esterno del castrum protetta da due lastre di roccia calcarea è stata rinvenuta una sepoltura consistente in un’anfora denominata di Gaza, chiusa alla sommità con la parte di un’anfora del medesimo tipo.

La sepoltura conteneva lo scheletro di un bambino di età tra i 7 e 9 mesi. Questo tipo di inumazione che prende il nome di “sepultura sub grundaria”, sotto la gronda, sotto il tetto, veniva per lo più praticata dalle popolazioni barbare in vicinanza di edifici abbandonati o in rovina di origine romane. Sul lato occidentale dell’isolotto è riemersa un edificio con valenza abitativa che fa pensare alla presenza di famiglie, i cui abitanti servivano da logistica e mantenimento alimentare della guarnigione di soldati.
Si sale ora tramite due sentieri all’interno di un bosco ai ruderi della chiesetta romanica di S. Andrea.

CAPITOLO 5

Raggiunta il sito con la chiesetta romanica di S.Andrea , la guida riferisce che si è in possesso di due riferimenti storico- documentali: un documento del 1171, si riferisce alla chiesa e aggiunge che l’isola rappresenta “ porta Lacus S.Andree”. Infatti l’isolotto in antico, poteva dominare e gestire il traffico di persone e merci che dalla Valagarina, tramite la valle di Mori scendeva al Lago di Garda.
L’altro documento, datato 1635, fa riferimento ad un incendio che avrebbe interessato l’edificio sacro.
Altre notizie del 1713 dichiarano che la chiesa non esisteva più. Quando il generale Vendome, francese, che mette a ferro e fuoco il castello di Arco e il Castel Penede di Nago passa dal lago di Loppio, una parte dei suoi soldati acquartierati, sull’isola testimoniano la chiesetta in rovina.

Verso la fine del ‘700 un gruppo di Prelati fa erigere sulle rovine del tempio sacro un manufatto, un’edicola con quattro facciate: un capitello quadrifronte con una simbologia particolare. Bisogna ricordare che all’epoca il territorio era suddiviso in Quattro Vicarie o Vicariati: Ala, Avio, Brentonico, Mori.
Nell’intenzione di coloro che hanno eretto il manufatto, le quattro sacre immagini dipinte nelle facciate (non si conosce se fossero Santi Protettori o La Madonna o la figura di Cristo) dovevano proteggere le 4 porzioni di territorio.
La chiesetta romana era a una navata con un’abside semicircolare (catino absidale) ancora oggi riconoscibile.
Un accenno alle attività belliche che si sono svolte in questo territorio durante la Prima Guerra Mondiale: a sud ovest della valle di Loppio sul monte Altissimo, altipiano di Corna Piana, monte Zugna, Brentonico era schierata la prima linea del fronte italiano. Da ricordare che l’Altissimo viene occupato dalle truppe italiane il 24 maggio 1915 al momento della dichiarazione di guerra italiana all’Austria.
Le perdite di vite umane sono state di 608 soldati, di cui 268 morti travolti da slavina.
La prima linea austriaca, preparata in parte ancora prima della guerra interessa il monte Stivo, il Creino, il Biaena, Nago, la Val di Gresta, il caposaldo del Nagià-Grom e altre postazioni.
Tutte posizioni che sostanzialmente sono state mantenute per tutta la durata del conflitto, escluso nella zona di Nago, malga Zures e Doss Casina, dapprima conquistate poi perse dai soldati italiani. In queste due località vi sono stati per un beve tragico periodo Filippo Tommaso Marinetti e una parte dei suoi Futuristi, morti in poco tempo su quelle alture.
Il lago di Loppio e l’isolotto sono stati interessati nella prima metà del 1400 da un’impresa epica da parte dei Veneziani in lotta con i Visconti di Milano, per il predominio del lago di Garda. Il teatro di guerra vede Brescia assediata dai Visconti, comandati da Piccinino e i Veneziani con il Gattamelata che vuole far togliere l’assedio.
Il Consiglio di Venezia su indicazioni di alcuni esperti navali finanzia con 15.000 ducati un’impresa d’ingegneria militare, unica nel suo genere e nella storia moderna: partendo da Sottomarina di Chioggia con 6 galee e altre imbarcazioni per un totale di 25, si risale l’Adige dalla foce, giungendo fino a Verona.
Qui giunti, causa la poca profondità del fiume, si alleggeriscono le navi con dei galleggianti, giungendo fino a Marco di Mori.
Con una serie di rulli e marchingegni costruiti per l’occasione i Veneziani raggiungono il lago di Loppio, risalgono Passo S. Giovanni, sopra Nago e togliendo di mezzo rocce, alberi e abitazioni raggiungono la Valle di S. Lucia di fianco a Castel Penede.
Per l’impresa precettano 4000 buoi e numerosi contadini. Da qui con freni e funi fanno scendere le galee nel lago di Garda a Torbole.
Questa impresa nota come “Galeas per montes”, le galee attraverso i monti, è avvenuta nella primavera del 1439. Di seguito ci saranno due scontri navali nel lago ad aprile e settembre del 1439, con la sconfitta dei Veneziani. Ma nell’aprile del 1440 davanti al Ponale di Riva del Garda, Venezia vince e può finalmente dominare il lago e portare aiuto a Brescia, cacciando i Visconti.
Accanto a questa impresa si narra di un episodio privo di documenti che un paio di galee sarebbero state incendiate nel lago di Loppio da soldati al soldo del Principe del Tirolo o pagati dai Visconti.
ESCURSIONE AL CAPOSALDO AUSTRO-UNGARICO DEL NAGIA’ – GROM DEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE, drone
Immagini di Franco Lanfredi
ESCURSIONE AL CAPOSALDO AUSTRO-UNGARICO DEL NAGIA’ – GROM DEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE
Foto di Fiorenza Zorzi

DOCUMENTO FILMATO DURANTE L’ESCURSIONE AL CAPOSALDO AUSTRO-UNGARICO DEL NAGIA’ – GROM DEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE

L’escursione si è spostata in Val di Gresta , nella porzione laterale denominata Valle S. Felice :si raggiunge l’altura del Nagia’ Grom.
La guida Valerio Sartori illustra le caratteristiche del sito fortificato: Nagià-Grom faceva parte della linea difensiva austriaca che partendo da Riva del Garda,interessava alcuni monti come Stivo, Creino, Biaena, la Valle di loppio, di Mori, la Val di Gresta e per finire giù nella Val Lagarina.
Le trincee e i camminamenti presenti sull’altipiano erano suddivisi in 14 settori, numerati con cifre romane. Le trincee servivano per la difesa, i camminamenti invece erano impiegati per mettere in comunicazione i vari servizi e la logistica presente: il riferimento è agli alloggi degli ufficiali, le cucine, i magazzini dei viveri e delle munizioni, e una cisterna dell’acqua.
Di seguito il caposaldo era fornito di punti di mitragliatrici(n.4) e due cannoni da 9 cm M75/96 con 2 cannoni da montagna da 7,5 cm M15.Erano anche presenti 1 lanciamine e 1 riflettore da 60 cm.
La guarnigione presente nel 1915, all’inizio della guerra era formata da 1 plotone di fanteria di 50 soldati, comandati da un cadetto aspirante ufficiale con 1 distacco di artiglieria. Ai militari sono da aggiungere un numero non precisato di operai militarizzati.

Nel 1916 la dotazione aumenta il numero delle presenze con 3 plotoni al comando di 1 capitano con associato 1 battaglione Stand-Schutzen “Kitzbuel”.
Il caposaldo è stato costruito a partire dal 1915 ed è stato ampliato lungo tutto il periodo della guerra.
Interessante una testimonianza sul fronte austriaco fatta da un primo tenente dei Kaiserjager Felix Wilhelm Hecht von Eleda, che scrive nel suo Diario il 1.11.1916: “Vado in teleferica su monte Stivo.La vista lassù è magnifica; si vedono all’orizzonte i monti del Catinaccio,del Pasubio, del Baldo, di Nota, del Carè Alto, della Presanella, del Brenta e dell’Ortles; in basso Calliano e la val d’Adige da una parte e, dall’altra, Arco e tutto il basso Sarca. Si scorgono le nostre posizioni dei Coni Zugna e più dietro la cima Posta e il profondo intaglio del Piano delle Fugazze dominato dalle cime bagnate di sangue: Pasubio, Roite, Col Santo. Più da vicino il triangolare Finonchio, dietro il quale si delinea l’altipiano di Lavarone e di Folgaria e più lontano i monti della Valsugana. Niente farebbe pensare alla guerra se non le invisibili ombre dei caduti dalla Marmolada all’Ortles che pesano sul cuore; il loro spirito aleggia dal biancore dei ghiacciai alle rocce selvagge indorate dal tramonto e mi dà un fremito al cuore.Sia per loro la pace luminosa, non solo domani, ch’è la festa dei Morti, ma sempre!.
Un’altra testimonianza singolare nata sempre nel clima della guerra è quella da parte italiana di Benvenuto Berzacola, un alpino presente nelle trincee di Loppio nel 1916, che nel suo diario lascia un toccante “decalogo della trincea”:
1,Nella trincea sii astuto come la volpe; fuori lepre e leone.
2,Dormi con un occhio aperto.
3,Trova il tempo per scrivere alla famiglia, perché è orgoglio tuo mandarlo, suo riceverlo.
4,Non farti inutile bersaglio, è una bravata che non merita premio.
5,Non scordare la preghiera, la trincea è il più bel altare della patria.
6,Il nemico guarda dalla sua trincea e se ti coglie, ride. Fai altrettanto.
7, Ama e cura la tua trincea, ma ricorda che dovrai abbandonarla per avanzare.
8, Spara a colpo sicuro. Se la cartuccia sparata a caso potrebbe parlare, direbbe una bestemmia.
9, Nella trincea due cose a te vicine: cartucce e fucile. Due cose mute: nervi e lingua. Due cose forti: anima e cuore.
10, La vittoria non è nella tua trincea, ma in quella del nemico. Devi a qualunque costo strappargliela.
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